Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

254915
Saltini, Guglielmo Enrico 50 occorrenze
  • 1862
  • Le Monnier
  • Firenze
  • critica d'arte
  • UNIFI
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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

fatti fin qui, sappia cavarne un libro degno della nazione italiana. Allora i sani e veri principii sui quali riposa il risorgimento delle arti nostre

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. I migliori architetti della prima metà del nostro secolo, il Valentini, il Melocchi, il Salucci, il Cacialli, il Poccianti, il Digny, (procediamo per

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della mente. Appena decenne rimasto orfano del padre, lo zio paterno Vincenzio lo volle in Firenze ad attendere alle arti belle nell’Accademia. In breve

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Siena, oggi stanza del Collegio Tolomei, e devesi pure a lui l’ampliamento della chiesa di San Francesco, pregevole edifìzio della sua patria.

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, facendosi legge lo studio dell’antico e i nuovi esempi della bella scuola del Paoletti. Tali il Paccagnini di Montanino; il Fantastici, il Santi, il

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Il conte LUIGI CAMBRAY DIGNY fiorentino (n. 1779, morto 22 febbraio 1843) fu anch’esso della bella scuola. D’ingegno pronto e fatto sicuro dai buoni

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Giovanni Pacini nativo di Colle (m. oltre i sessanta il 24 aprile 1838) fu della scuola del Paoletti, e seguitandone i buoni principii nulla operò a

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cimitero della Compagnia della Misericordia, ivi eretto, fuori la porta a Pinti nel 4839. — Bartolommeo Silvestri pure di Firenze (n. 1781, m. 6 marzo 4854

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, oggi propositura del suburbio senese (1828), e la facciata della chiesa dell’educatorio di Santa Maria Maddalena in quella istessa città sono sue

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, peregrinando a Roma e in altre parti d’Italia. Di ritorno alla patria fu ingegnere di ponti e strade e anche si piacque della scenografia; ma ebbe merito

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i suoi studj sotto il Paoletti e il Cacialli, quindi a Roma, e riuscì architetto e perito di non comune valore. Devonsi a lui l’ingrandimento della

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del Machiavello e del Lami in Santa Croce di Firenze, l’Angelo sulla porta di mezzo del Battistero, le statue della sala degli stucchi ai Pitti, e

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sarebbe andato più innanzi; pure la semplicità della composizione che più al vero s’accosta, e la parsimonia che usò negli ornati lo manifestano scultore

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affetti terreni, pure non ti offende; poi quel gruppo veramente sublime della Carità (1824), rappresentata in una donna d’alto lignaggio, come la dicono le

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morale (nella quale operazione della mente, non ebbe fin qui, nè forse avrà mai chi gli stesse a paro), cercava nel vero le forme più adatte a

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figure colossali decorative. Si debbono a lui ancora la statua della Speranza alla cappella del Poggio Imperiale, e quelle di Lorenzo il Magnifico (1842

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. I lavori di squisito disegno e di perfetta esecuzione eseguiti nei monumenti della contessa d’Albany e dell’architetto Digny in Santa Croce di

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Però non crederemmo avere sodisfatto intiero l’obbligo nostro, se dopo aver parlato della Scultura, non ricordassimo quel bravo CLEMENTE PAPI, che ha

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E anche vogliamo dire alquanto della ceroplastica, arte già fino dal secolo XIV praticata in Firenze per le figure votive, che si mettevano nelle

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tramandare con le opere ai figliuoli. Chè se questo rimprovero va senza restrizione di sorta ad ogni parte della penisola, molto più grave convien farlo a

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della più vera amicizia. Da lì in poi il Susini non si occupò d’altro che del disegnare e modellare membra umane, e tal volta intieri corpi. Molti Musei

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studio della zootomia e della filologia fu sua cura principale. E di questi lavori è ricco il nostro Museo, ma anch’essi si vorrebbero indicati con

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Lo stato della pittura a mezzo il secolo XVIII era in Toscana, come in ogni altra parte d’Italia, assai lacrimevole. Quando dalle tenebre del medio

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tempo, a noi basterà ricordare una delle opere sue tenute allora più belle, quella macchinosa cupola della basilica di San Lorenzo, certi dell’aver

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le pitture della cappella del Sacramento nel Duomo della sua patria, e la sala elegantissima detta del Buon Umore, nella Accademia fiorentina di Belle

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, affatto ignoranti della parte più vera e più filosofica della pittura.

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primi, come mostrano le sue pitture della sala di Giove nella galleria de’ Pitti. Questi fu pure maestro assai reputato nella nostra Accademia.

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, specialmente nella reai Cappella, e quelli della SS. Annunziata e di Sant’Ambrogio; ed a porgere più adeguata idea di quella sua strana fantasia, basti dire che

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destare nei generosi la vista di tanti capolavori, che fanno della città eterna la reggia più sontuosa del mondo. E là infatti condusse in breve la

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accostarsi alla scuola veneta; la terribile scena dantesca della morte del conte Ugolino, eseguita pei signori Della Gherardesca, e in cui sono grandi

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amarono di molto affetto; e quando fu commesso al primo il quadro della Giuditta per la cappella d'Arezzo, volle ad ogni modo che fosse allogato l’altro

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il migliore, quello della cappella del Poggio Imperiale esprimente l’Assunzione della Vergine. E meritano anche speciale menzione un suo cartone

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alla grande Inghilterra, che ne ha ospitato alcuni saggi nel palazzo della Esposizione Internazionale di Londra, insieme con quelli delle altre

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altro nei freschi. E sebbene oggi le opere che fece non sieno in fama come ai tempi della sua giovinezza, non possono negarglisi pregi nella

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Firenze, la Samaritana al pozzo nella sua villa di Fiesole, il deposto di Croce nel Duomo di Pistoja, e quella vaghissima danza della prima giornata del

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una delle lunette della sala ove lavorava suo padre, Ettore che arsa una nave greca e cosi adempiuto il decreto dei fati, viene da Aiace Telamonio

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da giovinetto i principii della pittura dal Desmarais; fu poi alla scuola del Benvenuti, e frequentò con plauso l'Accademia di Belle Arti. Dipinse a

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la facciata della chiesa di San Marco fatta nel 1777. Il primo è una poco lodevole imitazione di quello costantiniano di Roma, con l’aggiunta di goffi

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Ma se i sovrani della famigia de’ Medici ebbero tutti a cuore quest’arte, ci piace tuttavia confessare, che pei Lorenesi fece nuovi e importanti

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stampa della cappella di San Filippo Neri, e meritano lode quelle ricavale da alcuni quadri della galleria Cerini, e da qualche dipinto di Raffaello. Fu

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vuolsi, ma più infelice. Dato saggio della sua abilità nell’intagliare in rame, con alcuni pensieri che fece per una raccolta pubblicata dal pittore Anton

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Cesari, su disegni cavati dai busti della regia Galleria, e dopo alcuni ritratti di Auguste donne de’ suoi tempi, ebbe presto reputazione nell’arte, e

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conto del Volpato (1781); il quale moltissimo sperando da lui, volle stringerlo a sè anche coi legami della parentela e gli dette in isposa la propria

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la ricca collezione che s’era fatta di libri d’arte; i quali, comperati dopo la sua morte dal regio erario, furono il cominciamento della presente

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; intorno alla più vera effigie della quale lesse (1824) nella Società Colombaria, a cui appartenne, una bella ed erudita memoria. — GALGANO CIPRIANI

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Giacobbe dell’Appiani, e la Madonna della Seggiola, lodata fatica che gli dette nome tra i migliori incisori e disegnatori del tempo. Fece quindi la

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premio. Fece poi in più tempi alcune bellissime stampe, tra le quali ci piace ricordare la nascita della Madonna da un fresco di Andrea del Sarto

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sotto il Perfetti, artista peritissimo nel maneggiare il bulino con franchezza e precisione; che dopo aver lavorato alle opere della Galleria e del San

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nella Maddalena da Paolo Veronese, nel Bacio della Reliquia da Andrea, e nella Santa Famiglia da Raffaello, mostrò assai capacità nel maneggiare il

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giardino di Boboli ed è chiamata della Meridiana, una delle cose sue più stimate, e da paragonare solamente a quelle dei migliori tempi dell’arte. Fece

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